In memoria di Carlo Alberto Dalla Chiesa

Ivan Losio - giovedì, 13 settembre 2007

Commemorazione proposta al Consiglio comunale del 12 settembre 2007

Esattamente un quarto di secolo fa, la sera del 3 settembre 1982, a Palermo, la mafia colpì a morte in un agguato il prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa, la moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente di scorta Domenico Russo.
Quella strage fu un colpo durissimo alle speranze di tanti siciliani i quali, con l’arrivo del generale dei carabinieri che aveva contrastato con efficacia il terrorismo, avevano cominciato a vedere finalmente possibile un’azione che potesse stroncare i traffici della mafia, le sue collusioni in ambiti politici, giudiziari, amministrativi, industriali e commerciali.
In Sicilia vi era già stato da colonnello, Comandante della Legione di Palermo, e anche allora aveva mostrato quali capacità di analisi possedesse. Nel 1973 fu nominato comandante della Regione militare Nord-Ovest. Creò una struttura antiterrorismo che consentì di catturare brigatisti di spicco come Renato Curcio e Alberto Franceschini. Ma fu a partire dal 1978 che, come Coordinatore delle Forze di Polizia e degli Agenti Informativi per la lotta contro il terrorismo (una sorta di reparto operativo speciale alle dirette dipendenze del ministro dell’interno) ottenne brillanti risultati nella lotta alle Brigate rosse e nella ricerca degli assassini di Aldo Moro.
Nel 1982 fu reinviato in Sicilia come Prefetto di Palermo. Si trattò per lui di rimettere in pratica le sue intuizioni sulla lotta a Cosa Nostra. In una relazione alla Commissione parlamentare antimafia parlò di “una visione organica della famiglia mafiosa, della sua genealogia, più che un’anagrafe dei mafiosi. Quest’ultima – disse – è limitata al personaggio; la genealogia di ciascun mafioso ci porta invece a stabilire chi ha sposato il figlio del mafioso, con chi si è imparentato, chi ha tenuto a battesimo, chi lo ha avuto come compare di matrimonio; e tutto questo è mafia, è propaggine mafiosa”. Insomma, una visione del tutto nuova del fenomeno mafioso, un sistema innovativo di studiare come combatterlo che verrà applicato decenni dopo per smascherare intere famiglie di mafia, per scoprire legami occulti e apparentemente innocui. E’ il metodo, poi affinato da Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, che ha consentito l’arresto dei principali boss della mafia, da Brusca a Riina, a Provenzano.
Dalla Chiesa credette fino in fondo nella lotta alla mafia, anche quando il supporto dei suoi superiori non fu tempestivo. Si spinse fino al sacrificio personale pur di non vedere arrestata un’azione di cui la Sicilia e l’intera Italia avevano ed hanno tuttora bisogno.
Il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa ha lasciato un segno indelebile nella storia d’Italia. Il suo impegno e la sua determinazione per una società più giusta non deve essere mai dimenticato.