Festeggiamo l'Italia ed i suoi 150 anni

Ivan Losio - giovedì, 17 marzo 2011

Discorso pronunciato il 17 Marzo 2011 alla cerimonia di commemorazione dei 150 anni dell'Unità d'Italia

Cari cittadini, cari ragazzi,


non è facile, in questa particolare occasione, dire alcunché che non appaia retorico, frusto o, peggio, patriottardo; sento, però, di condividere alcune considerazioni che, spero, contribuiranno ad interpretare il sentimento della nostra gente di fronte agli avvenimenti che, centocinquant’anni fa, diedero origine a quella esperienza nazionale che ancor oggi, pur tra i distinguo e le giuste rivendicazioni riformatrici, unisce noi tutti.

I sentimenti dei nostri padri che hanno combattuto e si sono spesi per perseguire l’obiettivo dell’Unità Nazionale, risuonano molto bene in quel “Canto degli Italiani” scritto nel 1847 dal grande patriota Goffredo Mameli, divenuto poi il nostro inno nazionale. Un canto i cui versi, così ricchi di significato, dovremmo riscoprire in tutta la loro pienezza.

Noi siamo da secoli calpesti, derisi. / Perchè non siam popolo perchè siam divisi.
Raccolgaci un'unica bandiera, una speme (una speranza): / di fonderci insieme già l'ora suonò.


L’Italia nasce come nazione nel 1861, per giungere nel 1918 al compimento del proprio processo unitario, e tale sviluppo, purtroppo, avviene in forma cruenta: grandi battaglie, massacri, vittorie e sconfitte che, sotto la guida del Regno Sardo-Piemontese, trasformano l’espressione geografica peninsulare nella nazione in cui oggi viviamo.

Per dirla di nuovo con Goffredo Mameli, da popolo calpesto e deriso perché diviso, siamo cresciuti alla scuola delle guerre di indipendenza, dei due sanguinosi conflitti mondiali, della lotta fratricida successiva all’otto settembre, giungendo, attraverso gli anni della ricostruzione, del boom economico, della paura durante gli anni di piombo, a percepirci, nelle peculiarità regionali, come parte di una comunità nazionale.

Ancora dal “Canto degli Italiani”:

Uniamoci, amiamoci, l'unione e l'amore rivelano ai popoli le vie del Signore.
Giuriamo far libero il suolo natìo: uniti per Dio chi vincer ci può?


Versi ancora attuali perché oggi ci sono altre sfide da combattere: la globalizzazione; la crisi economica che attanaglia tutte le nazioni più industrializzate, delle quali, nonostante le paurose ferite delle guerre, fa parte integrante anche la nostra; le ondate migratorie: non nuovi barbari, ma persone in cerca di un futuro migliore, in fuga da fame, povertà, sopraffazione.

Di fronte a tali sfide, oggi, è necessario stringersi a coorte, sempre prendendo in prestito i concetti del patriota Mameli, ricordando, anche nel nostro particolare, chi si spese perché l’Italia fosse fatta.

Ricordi lontani, nomi sbiaditi su sepolcri sbrecciati, eppure, attraverso il loro supremo sacrificio, il tricolore oggi sventola dalle nostre case; non per retorica, ma per ricordarne l’esistenza e per ribadire che questa nostra nazione è di tutti, perché forgiata con un fiume di sangue, le cui fonti si trovano vicine a noi più di quanto si possa immaginare. Commemoriamo oggi i nostri avi, gente del paese che partì per un sogno chiamato Italia. Molti di loro non tornarono più.

A questo proposito, attraverso l’Archivio del Museo del Risorgimento di Milano, grazie al supporto del Prof. Giuseppe Rocchi, abbiamo ricostruito, l’elenco dei 59 rivoltani che si sono prodigati, hanno combattuto ed alcuni di essi anche perso la vita, per l’Unità Nazionale attraverso le sette campagne condotte dal 1848 al 1870. Sono 59 giovani, partiti da casa lombardi, anzi, lombardo-veneti e tornati a Rivolta orgogliosamente Italiani. Oggi li ricordiamo uno ad uno ed i loro nomi verranno conservati nell’aula del Consiglio comunale. (Elenco in fondo a questa pagina)

Vorremmo far nostri i sentimenti di questi 59 rivoltani, perché, come ebbe a dire il Presidente Giorgio Napolitano nel suo discorso di apertura delle celebrazioni del 150esimo, l’anno scorso, a Genova, “non è retorica il recuperare motivi di fierezza e di orgoglio nazionale: ne abbiamo bisogno, ci è necessaria questa più matura consapevolezza storica comune, anche per affrontare con l’indispensabile fiducia le sfide che attendono e già mettono alla prova il nostro paese, per tenere con dignità il nostro posto in un mondo che è cambiato e che cambia”.

Anche ieri sera ha affermato: “Non sempre abbiamo percorso la strada giusta, abbiamo compiuto molti errori, ma abbiamo costruito altrettante cose grandi, grazie alla nostra unità. Il nostro popolo diviso, sarebbe stato spazzato via dalla storia”.

Abbiamo una identità, siamo davvero "popolo" con una comune storia, con un comune sentire, con comuni valori; il nostro cammino verso il progresso e verso il domani procede lungo una strada segnata dalla storia e nella quale vogliamo continuare a stare.

Siamo orgogliosi di essere Italiani.


Viva l’Italia!


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