Ricordiamo anche la 'Resistenza femminile'

Ivan Losio - domenica, 25 aprile 2010

Il discorso che ho pronunciato alla cerimonia di commemoriazione della Liberazione il 25 Aprile 2010 a Rivolta d'Adda

Celebrare il 25 Aprile significa ricordare un evento epocale della nostra storia moderna, ma anche riportare alla memoria eventi che hanno scritto pagine molto tristi della nostra storia e fatti costati la vita a moltissime persone.
Per molti Italiani che hanno vissuto in prima persona quei giorni difficili, si tratta di riviverli in tutta la loro drammaticità e rivedere davanti ai propri occhi tutte le violenze e le tragedie vissute. Per altri invece, come me, che ripensano a quei fatti attraverso i racconti di chi ne è stato testimone, è affidato il compito di onorare il sacrificio e la determinazione di chi allora si è speso per riportare nella nostra società, pace e democrazia.
Il pensiero va ai soldati chiamati, da una parte o dall’altra, a compiere un dovere gravoso, drammatico e continuamente minaccioso per la propria vita. Il pensiero va ai molti partigiani che, animati dalla sete di libertà e da sentimenti di altruismo, si sono sacrificati per resistere contro l’oppressione nazi-fascista supportando, su più fronti, l’azione bellica dell’Esercito alleato. Ma il nostro pensiero va anche a coloro, soprattutto donne, che, nel silenzio e nella solitudine, hanno saputo affrontare quei giorni drammatici difendendo la propria casa, la propria famiglia, i soggetti più deboli, i bambini e gli anziani.
Quello composto dalle donne era un vero e proprio secondo esercito in guerra, chiamato a combattere la propria battaglia all’interno della propria casa, giorno dopo giorno, sotto il grande peso dell’assenza dei capifamiglia impegnati al fronte, con la pesante responsabilità di una casa da difendere ed una famiglia da sfamare.
Il loro operato è tanto più straordinario e memorabile se si pensa che le donne, negli anni ’40, erano cittadine di serie B. Non votavano, non godevano di veri diritti ed erano costrette a sottomettersi non solo al regime politico totalitario, ma anche ad una cultura sociale fortemente maschilista. Tuttavia negli anni della guerra e durante la Resistenza, in particolare, fecero per bene quello che dovevano fare.
Molte donne hanno avuto un ruolo diretto nella Resistenza. Ed è giusto riconoscerlo perché l’operato femminile è quasi sempre glissato dai libri di storia e spesso non ne rimane traccia nella memoria dei posteri. Di fatto, pochi conoscono le azioni delle donne antifasciste. Furono 35.000 partigiane nelle formazioni combattenti, 20.000 staffette, 70.000 organizzate in gruppi di difesa. 638 furono le donne fucilate o cadute in combattimento, 1750 le ferite, E poi tante altre arrestate, picchiate o violentate.
Il ruolo della staffetta fu fondamentale per la buona riuscita delle azioni di Resistenza. Esse facevano tutto il lavoro di comunicazione e di informazione: garantivano una rete fittissima di collegamenti senza la quale l’organizzazione non avrebbe potuto funzionare.
Le donne impegnate come staffette erano soggette a maggiori rischi rispetto a quelli delle combattenti poiché non venivano dotate di armi con cui difendersi e, se venivano catturate, dovevano tacere e subire le torture. Portavano e distribuivano oltre ai viveri e agli indumenti per i partigiani, il materiale di propaganda clandestino, armi e munizioni. Organizzavano il soccorso e il servizio di assistenza ai feriti nelle case più sicure e negli ospedali.
Leggendo un libro sulla Resistenza mi ha molto colpito la lettera che una madre condannata a morte per le sue azioni partigiane, ha inviato alla figlia adolescente:

Mimma cara,


la tua mamma se ne va pensandoti e amandoti, mia creatura adorata, sii buona, studia ed ubbidisci sempre agli zii che t’allevano, amali come fossi io.
Io sono tranquilla. Tu devi dire a tutti i nostri cari parenti, nonna e gli altri, che mi perdonino il dolore che do loro. Non devi piangere o vergognarti per me. Quando sarai grande capirai meglio. Ti chiedo una cosa sola: studia, io ti proteggerò dal cielo.
Abbraccio con il pensiero te e tutti, ricordandovi


La tua mamma


Lo strazio di questa madre è sollevato da una grande speranza, ridotta in poche parole: “Quando sarai grande capirai meglio”. Noi siamo grandi abbastanza per capire il coraggio di tante e tante persone che hanno messo in gioco la loro vita per l’avvenire di noi, loro figli. L’unico modo per esser grati a molti di loro che l’hanno perduta e molti altri che portano segnati indelebilmente nei loro cuori i sacrifici e le fatiche di quei giorni, è onorarne e ravvivarne la memoria per sempre.